pubblicato su Archeologia & Cultura n. 17 del 30 agosto 2009
di Vito Foschi
I trulli sono una caratteristica della Puglia e quelli di
Alberobello sono stati dichiarati dall'Unesco patrimonio dell'umanità. Tali
costruzioni sono frutti dell'inventiva dei nostri antenati applicata ad un
territorio aspro, privo di acque superficiali, ricoperto dalla dura pietra e
arso dal sole. Qui la materia prima in abbondanza è la pietra, sia scavata
appositamente per costruire, sia strappata dalla terra per ricavarci terreni
coltivabili. Con tale pietra e senza malta si sono costruiti muri di confine e
di terrazzamento, i cosiddetti muri a secco e poi i famosi trulli, che in
origine erano delle costruzioni senza malta.
Accanto a questi manufatti tuttora in uso ed anzi da quando
c'è la moda del trullo se ne costruiscono di nuovi, in epoca preistorica gli
antichi abitanti della Puglia hanno costruito altre strutture in pietra. In
primis, comune a molte altre zone d'Europa, dolmen e mehnir; abbastanza noti
sono il dolmen di Bisceglie(BA) ed i menhir di Giurdignano, località in
provincia di Lecce, il cui territorio è costellato da molte decine di menhir.
Probabilmente in passato dovevano essere parte di una struttura molto estesa
forse un importante centro cultuale per quell'antica civiltà megalitica. Un'ipotesi
è che i vari menhir delimitavano dei sentieri che guidavano al centro cultuale
e ciò spiegherebbe l'estensione della loro presenza.
Altre strutture di cui si ignora il reale scopo sono le
“specchie”: sostanzialmente delle montagnole di pietre accatastate. Potrebbero
essere degli osservatori astronomici? Dei posti di vedetta? Non sono delle
tombe, dato che solo in alcune sono state trovate resti in tal senso. Certo
ricordano i mound indiani, ma ancora non è chiara la loro funzione. Potevano
anche essere delle semplici cataste di pietre ottenuta dallo spietramento dei
terreni. Esistono anche dei raggruppamenti di specchie chiamate cinte che si è
ipotizzato potessero avere funzioni di confine fra comunità. L'insieme di
specchie avrebbero costituito visibile linea di confine e probabilmente
avrebbero assolto anche alla funzione di discarica di pietre dissodate dai
terreni circostanti.
Uno dei problemi, meglio il problema, che hanno dovuto
affrontare tutti gli abitanti della Puglia è quello dell'acqua. Basti pensare
che l'Acquedotto Pugliese costruito negli anni '30 rimane tuttora uno dei più
grandi nel mondo. Per risolvere questo problema in passato non potevano fare altro
che scavare pozzi o raccogliere acqua piovana in cisterne. In quest'ultima
tecnica si raggiungeva spesso risultati eccelsi; purtroppo molte cisterne che
costellavano le campagne pugliesi sono sparite.
Una variante ingegnosa è stata trovata dai nostri antenati
preistorici nel basso Salento zona prevalentemente pianeggiante. In depressioni
del suolo dove si accumulavano le acque piovane si scavavano delle fosse il cui
fondo era rivestito di terreno argilloso per garantirne l’impermeabilità e le
pareti erano rivestite di pietre a secco formanti degli anelli concentrici che
gradualmente si restringevano fino all’altezza del terreno dove un grosso masso
forato al centro andava a chiudere il pozzo e ne costituiva l'apertura
completando quello che si può definire una sorta di trullo interrato. La
tecnica e la forma sono quelli. Il cono di pietra bloccava l'evaporazione
dell'acqua piovana garantendo una riserva d’acqua.
Nel linguaggio comune sono chiamate pozzelle. Certo per
soddisfare le esigenze di una comunità era necessario costruirne in gran
numero, e rimangono tuttora delle concentrazioni come nel piccolo comune di
Martignano(LE) dove resiste protetta una piccola concentrazione di tali
manufatti. Purtroppo come altre testimonianze del passato molte pozzelle sono
state vittime dell'espansione demografica e della moderna agricoltura. Tra
l'altro le pozzelle di Martignano sono ancora ‘funzionanti’ contenendo acqua
limpida.